DUE PIETRE, UNA CITTÀ: FIRENZE
Se state camminando per la città di Firenze – Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1982 – osservate attentamente le pietre intorno a voi; in breve, il vostro occhio ne riconoscerà due, predominanti sulle altre: una con tonalità ocracee e “calda”, nei grandi palazzi e civili abitazioni, l’altra con colore grigio-ceruleo e più “freddina”, per le vie lastricate, nei grandi colonnati e nell’arredo urbano.
La prima è la Pietraforte, il principale materiale da costruzione del nucleo medioevale di Firenze; la seconda è la Pietra Serena, protagonista della prolifica architettura rinascimentale fiorentina, e largamente utilizzata anche per finalità ornamentali.
Entrambe sono arenarie, un materiale lapideo non comunissimo in Italia, almeno non come i più familiari marmi e graniti.
Storicamente si trattava delle pietre più vicine alla città, le più diffuse, le più versatili. La Pietra Serena proveniva dalle colline immediatamente a Nord dell’Arno, in corrispondenza dell’attuale Fiesole, paese che il Boccaccio, nel suo famoso Decameron, descriveva come “un’immensa pietraia”. Le prime evidenze dell’attività estrattiva risalgono agli Etruschi (mura di Fiesole), ai quali sarebbero seguiti i Romani, e, successivamente, i Longobardi. Oggi, da Fiesole, percorrendo l’antica Via degli Scalpellini, è possibile addentrarsi nel Parco di M. Cèceri, e visitare le antiche testimonianze di cava. Si stima che più della metà della massa volumetrica che formava in origine il Monte Cèceri sia oggi incorporata nella città di Firenze, in mille modi architettonici, ornamentali e di arredo. Nel periodo rinascimentale la Pietra Serena assunse un prestigio tale che il suo uso doveva essere strettamente legato all’abbellimento della città, capitale del Granducato di Toscana, e all’esaltazione del potere della casa regnante.
Altre cave furono aperte in tempi successivi, a Est e a Ovest di Fiesole, nella gola del torrente Mugnone, lungo la via Bolognese, a Tavarnuzze e a Greve in Chianti (cava quest’ultima ancora attiva).
Oggidì le cave originarie di Pietra Serena sono tutte chiuse per vincoli paesaggistici; al suo posto viene utilizzata estesamente la Pietra di Firenzuola, macroscopicamente simile, estratta nell’Appennino Tosco-Romagnolo, che dell’originaria arenaria evoca aspetto e colore, e dalla quale ha ereditato il nome commerciale (appunto Pietra Serena).
A Firenze la Pietra Serena è ovunque, e sarebbe impossibile stilare una lista dei luoghi nei quali vederla; se potete, non dimenticate di osservarla nelle Logge degli Uffizi, nella Biblioteca Laurenziana, nei lastricati di Piazza della Signoria e Piazza Santa Croce, a Borgognissanti, nel Loggiato dell’Ospedale degli Innocenti, al Giardino di Boboli e nei Palazzi Corsini e Giaconi. La Pietraforte, analogamente alla Pietra Serena, affiorava nei dintorni di Firenze, ma era diffusa (e lo è ancor oggi) anche a notevoli distanze, come sul Pratomagno, nel Chianti, nel Casentino, in Toscana meridionale (Montalcino, Monte Amiata), nonché al di fuori della Toscana [Monti della Tolfa (Lazio), Val Marecchia (Marche) e Appennino Emiliano].
I suoi primi utilizzi risalgono al periodo romano, come documentato dagli scavi archeologici nei pressi di Palazzo Vecchio (Teatro romano di Florentia), ma è con il Medioevo che la pietra assume un ruolo cruciale, quando la città inizia a espandersi e ad acquisire crescente importanza.
La Pietraforte diventa il segno distintivo delle tipicissime case-torri, di edifici pubblici e religiosi, tra cui Palazzo Vecchio, la Loggia dei Lanzi, la loggia e i magazzini granari di Orsanmichele, il Palazzo del Bargello, nonché di numerosi palazzi della nascente borghesia artigiana che avrebbe fatto di Firenze una delle città più grandi e più ricche d’Europa.
E proprio alle famiglie borghesi si deve la costruzione, soprattutto nel XV secolo, di imponenti palazzi con conci di pietra che costituiscono ancor oggi grandiosi esempi di bugnato rustico, come Palazzo Pitti, Palazzo Strozzi e Palazzo Medici Riccardi, e di bugnato liscio, come Palazzo Antinori e Palazzo Rucellai. Non potranno passarvi inosservati.
Il XVII secolo vede la diffusione di intonaci e graffiti, ma la Pietraforte non perde il suo ruolo, contribuendo significativamente a quello che sarà chiamato il “barocco fiorentino” (Chiesa di San Michele e San Gaetano; Convento di San Filippo Neri). Più tardi ancora, con l’avvento dell’Art Nouveau, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, con la pietra naturale relegata in secondo piano dalla diffusione del cemento, la Pietraforte mantiene comunque una buona diffusione tanto nel pubblico (ad esempio parti architettoniche del Piazzale Michelangelo), quanto nel privato, dove concorre allo sviluppo di imitazioni dell’architettura medievale (architettura neogotica o romantica, come la Torre del Gallo).